30 ottobre 2013

Le VERE cure per prevenire e combattere la Stitichezza (Seconda Parte)


(Seconda Parte)
COMBINAZIONI ALIMENTARI
Non tutti gli alimenti sono digeriti negli stessi tempi e con le stesse modalità.
Gli enzimi (sostanze prodotte dalle ghiandole digestive, siano esse salivari, gastriche, pancreatiche, intestinali,etc) sono in grado di demolire i legami chimici fra i costituenti del cibo, ma non in modo indiscriminato.
Non è inoltre indifferente, ai fini di una buona e rapida digestione, il grado di acidità dell'ambiente (bocca, stomaco,etc) dove avviene la reazione: alcuni enzimi lavorano meglio in ambiente alcalino, altri viceversa in ambiente acido.
Da queste brevi considerazioni relative alla fisiologia della digestione, risulta evidente la necessità di saper combinare bene i cibi in uno stesso pasto, in modo da garantirne una digestione che sia il più possibile rapida e soddisfacente, al fine di mettere a disposizione dell'organismo tutte le sostanze nutrizionali presenti nell'alimento.
Vista l'ampia scelta dei cibi, sembrerebbe difficile risolvere con semplicità questo problema. In realtà le attenzioni da avere si riducono a poche e chiare limitazioni che verranno elencate di seguito.

Cibi proteici con cibi amidacei
Si tratta di evitare la compresenza nello stesso pasto, del cosiddetto "primo" (pasta, riso) con il "secondo" (carne, pesce, uova, formaggi, ecc.); infatti la digestione dei cereali, prevalentemente amidacei, avviene in bocca (ambiente alcalino) per opera della ptialina salivare, mentre la digestione del cibo proteico si compie nello stomaco (ambiente acido) per opera della pepsina.

Cibi proteici diversi
Lo stomaco è in grado di produrre succhi gastrici diversi e con picchi di acidità in tempi differenziati. Infatti i cibi proteici (carne, uova, formaggi) non sono mai composti di sole proteine, ma anche di grassi e carboidrati in proporzioni variabili. A questa variabilità del singolo alimento ben si adatta lo stomaco, producendo succhi precocemente o tardivamente acidi, secondo il caso. Questa adattabilità non è invece possibile quando nello stesso pasto sono presenti carne e formaggio, uova e formaggio, carne e legumi.

Zucchero e frutta con cibi amidacei o proteici
L'abitudine di mangiare dolci alla fine del pasto impedisce un'efficace motilità e secrezione gastrica, inibendo anche la produzione di ptialina salivare: la digestione ne risulta quindi rallentata e difficoltosa.
La frutta, specialmente quella molto sugosa e zuccherina, assunta alla fine del pasto staziona per un lungo periodo nello stomaco, invece di venire rapidamente digerita e assorbita, innescando facilmente fastidiosi fenomeni fermentativi.

Bevande o cibi acidi con cibi proteici o amidacei
Il vino, le bevande gassate, il limone, l'aceto, i sottaceti, se assunti in quantità eccessiva sono in grado di inattivare la ptialina salivare (e quindi di impedire o rallentare la digestione amidacea), nonchè di ostacolare una efficace secrezione gastrica acida (indispensabile per la digestione proteica).

da "Prevenire e combattere la stitichezza) di Paolo Pigozzi, ed. Giunti


25 ottobre 2013

Le VERE cure per prevenire e combattere la stitichezza (Prima Parte)

(Prima Parte)
ALIMENTAZIONE CORRETTA
L'alimentazione corretta è senz'altro la base di una strategia anti-stitichezza, sia in senso preventivo che terapeutico. Le caratteristiche di una dieta che favorisce la stitichezza sono la carenza di fibre vegetali e di acqua, l'assunzione eccessiva di proteine animali e di cibi impoveriti e sterilizzati dall'industria alimentare.
Le linee guida di un'alimentazione preventiva e terapeutica saranno ovviamente di indirizzo opposto:

  • Consumo adeguato di frutta fresca cruda, lontano dai pasti principali;
  • Consumo a pranzo e a cena, di un abbondante antipasto a base di verdure crude miste;
  • Introduzione sistematica dei cereali integrali: riso integrale, pasta integrale, ma anche avena, orzo, miglio, ecc.
  • Riduzione drastica dei prodotti animali, fino all'eliminazione (temporanea) della carne e del pesce; è comunque consigliato non consumare cibi proteici più di una volta durante l'arco di tutta la giornata;
  • Alternanza degli alimenti proteici animali con cibi ricchi di proteine vegetali e di fibre, come i legumi (fagioli, lenticchie, piselli, fave, ceci) o la frutta oleosa (noci,mandorle,nocciole).
  • Uso delle erbe aromatiche (alloro, salvia, rosmarino, menta, origano,maggiorana, prezzemolo, timo ecc.) sia su cibi crudi e cotti anche in infusione alla fine del pasto: la loro azione antifiammatoria e antiputrefattiva è spesso accompagnata da una migliore motilità gastrointestinale;
  • Consumo di alimenti molto ricci di fermenti e di flora batterica come il lievito di birra, lo yogurt e le verdure lattofermentate (crauti);
  • Consumo di pasti composti da un unico piatto base (o il cosiddetto "primo" o cosiddetto "secondo") accompagnato da contorni di verdure soprattutto crude, in modo tale da evitare le associazioni inopportune fra cibi aventi esigenze digestive diverse e gli eccessi fermentativi che ne derivano.
da "Prevenire e combattere la stitichezza" di Paolo Pigozzi, ed. Giunti

22 ottobre 2013

Peso: i ragazzi sono più in forma dei loro genitori



Prendiamo esempio dai giovani: mentre il luogo comune vuole che mangino male, e non conoscano i principi di una sana alimentazione, sono invece molto più in forma dei loro padri e delle loro madri.

 Secondo un'indagine dell'Osservatorio Nestlè-Fondazione ADI, infatti, il 66 per cento dei ragazzi italiani tra i 16 e i 34 anni è normopeso, contro il 44,6 per cento delle persone tra i 45 e i 65 anni. I dati sono stati presentati oggi a Lecce in occasione del XV Corso Nazionale  ADI (ssociazione di Dietetica e Nutrizione clinica).

'Abbiamo l'impressione - commenta Giuseppe Fatati, presidente Fondazione ADI e coordinatore scientifico dello studio - che le tante iniziative di sensibilizzazione ai corretti stili di vita comincino ad avere qualche successo. Purtroppo le buone abitudini sembrano limitate ai più giovani e non coinvolgono proprio le persone più a rischio, in relazione all'età, di malattie metaboliche e patologie cardiovascolari. I giovani cominciano a dare il buon esempio; la speranza è che questo trend possa in tempi brevi coinvolgere anche i meno giovani''.

Un altro dato ''incoraggiante'' dello studio è la diminuzione degli italiani sedentari (31% rispetto al 35% dello scorso anno); sono in aumento invece le persone che saltano i pasti (29%, contro il 26% del 2012), e in diminuzione le persone che fanno un pasto completo: ''Quest'anno sono il 15% del campione, contro il 23% dello scorso anno''. La cena, comunque, è vista quasi da tutti come un momento casalingo (93%), e da trascorrere con la famiglia e gli amici (86%).
www.scienza.panorama.it

18 ottobre 2013

Contrattura o stiramento? Come riconoscerli



Le lesioni muscolari sono all’ordine del giorno in chi pratica attività fisica a qualsiasi livello. Almeno il 25-30% degli infortuni sportivi sono rappresentati da contratture, stiramenti o strappi, cioè lesioni delle fibre muscolari, diverse per l’entità del danno. «La contrattura si verifica quando il tessuto muscolare viene sollecitato oltre il suo limite di sopportazione fisiologico, inducendolo così a contrarsi involontariamente: le fibre muscolari non si rompono, ma c’è solo un’alterata capacità contrattile - spiega Gianfranco Beltrami, medico dello sport, docente del corso di laurea in Scienze Motorie dell’Università di Parma -. In caso di stiramenti, invece, il muscolo si allunga in modo eccessivo, sempre senza lacerarsi. La rottura, più o meno estesa, delle fibre muscolari caratterizza infine lo strappo. Il confine tra stiramento e strappo è labile: l’ecografia può aiutare a dirimere i dubbi».


Quali sono i sintomi? «Dolore mal localizzato e irrigidimento muscolare, anche a distanza, fanno pensare a una contrattura. In caso di stiramento, il dolore si avverte sempre nel corso dell’attività e, di solito, si riesce a capire bene il punto interessato. Nonostante il fastidio, si è in grado di proseguire l’attività e questo è un problema perché così lo stiramento può degenerare in strappo. Lo strappo, infine, causa un dolore acuto molto violento. Maggiori sono le fibre lacerate, più importanti sono i sintomi. Al dolore possono infatti aggiungersi incapacità e impotenza funzionale ed ematomi, più o meno estesi».

Come si deve intervenire? «Se si avverte un dolore muscolare verosimilmente imputabile a una contrattura o a uno stiramento, durante (o poco dopo) l’attività fisica, bisogna subito interrompere l’esercizio e stare a riposo. Il ghiaccio è un valido alleato, a patto di usarlo in modo corretto, il che significa applicarlo sull’area interessata per 3 minuti, toglierlo per 1 minuto, ripetendo queste manovre per 5 volte, ogni 2 ore. Se il dolore persiste il medico può suggerire farmaci antinfiammatori e miorilassanti. Nel caso di strappi l’obiettivo della terapia è limitare le conseguenze per prevenire danni futuri. Le fibre muscolari hanno scarso potere di rigenerazione e la riparazione avviene con la formazione di tessuto cicatriziale, le cui proprietà elastiche sono inferiori a quelle del normale tessuto muscolare. Per favorire una cicatrizzazione ottimale bisogna seguire uno schema corretto, pena il rischio di ricadute future. Per prima cosa bisogna applicare il metodo REST , ovvero: riposo, ghiaccio, compressione ed elevazione dell’area interessata. Passati un paio di giorni, per rendere la cicatrice elastica e prevenire aderenze, si può ricorrere ad alcune terapie fisiche (laserterapia, ultrasuoni e tecarterapia). L’ultimo step consiste nel rinforzare il muscolo e migliorarne l’elasticità con una riabilitazione adeguata. Solo dopo aver terminato questa fase si può riprendere il proprio sport».

Che cosa si può fare sul piano della prevenzione? «Riscaldarsi e fare stretching prima di iniziare l’attività sportiva vera e propria; al termine, dedicare alcuni minuti al defaticamento e quindi concludere con altri esercizi di allungamento».

Antonella Sparvoli

www.corriere.it

15 ottobre 2013

Scoperta nel cervello la centralina che"spegne"la fame


ROMA -  Un interruttore che spegne la fame.  Un sogno per molte persone che ogni giorno combattono con i problemi di peso. Un gruppo di scienziati americani ha appena identificato la 'centralina' del cervello collegata all'appetito. La scoperta è stata pubblicata sulla rivista scientifica Nature dall'équipe coordinata dal professor Richard Palmiter, dell'Università di Washington a Seattle. In futuro potrebbe aiutare a mettere a punto nuove terapie per stimolare o sopprimere il senso di appetito e per curare in particolare i disturbi alimentari.

La 'centralina' controlla un gruppo di cellule nervose e, quando funziona correttamente, ha il compito di frenare la voglia di cibo dopo i pasti o quando non è sano mangiare, come per esempio durante una malattia o quando nel cibo si avverte la presenza di tossine. Questi neuroni si trovano in un'area chiamata nucleo parabrachiale del tronco encefalico, una regione che regola il gusto, l'apporto di sodio, il dolore, e già nota anche per il suo ruolo nel controllo dell'appetito ma finora non si era riusciti a comprendere quali fossero in modo preciso le cellule e i meccanismi coinvolti. 


In questo modo lo studio conferma la base neurologica dei disturbi alimentari e il loro collegamento con le emozioni e può aprire la strada a nuove cure per queste malattie. E' importante, sottolinea Strata, aver identificato anche la molecola espressa da queste cellule perché si conosce ancora più nello specifico il bersaglio che si potrebbe andare a colpire.

Solo pochi mesi fa un gruppo di ricercatori italiani aveva invece identificato l'interruttore da disattivare nel cervello per spegnere la sindrome dell'abbuffata, l'ormone dell'ansia 'CRF'. Lo studio è stato condotto da Valentina Sabino e Pietro Cottone della Boston University, pubblicato sulla rivista Neuropsychopharmacology(V.P.)


www.repubblica.it

11 ottobre 2013

L'allenamento al femminile: What Women Want?

WhatWomenWant? - Dedicato a tutte le donne che vogliono essere toniche
WhatWomenWant? - Dedicato a tutte le donne che vogliono essere toniche
WhatWomenWant? - Dedicato a tutte le donne che vogliono essere tonicheVi è una soglia di intensità al di sopra della quale si ottengono risultati notevoli e sotto la quale il miglioramento è nullo; questo dato va personalizzato nel caso specifico con il proprio Personal trainer. In linea di massima sarebbe meglio distribuire la seduta allenante su di un circuito particolarmente incline a sollecitare alcuni punti specifici "cosce in generale, interno gamba, glutei, tricipiti" con metodo di sovraccarico, senza paura degli aumenti di forza con grossi carichi. Per i sempre più frequenti problemi di ristagno dei liquidi nella parte inferiore del corpo, è consigliabile a metà della seduta eseguire per qualche minuto una postura "sdraiata, supina con le gambe alte in appoggio" e rovesciare l'ordine di esecuzione degli esercizi, iniziando con il distretti corporei inferiori, per progredire salendo verso l'alto. Proporre al termine della seduta l'esecuzione di alcuni minuti di blanda attività aerobica, utile al fine di smaltire l'eccesso di acido lattico. In realtà, in ogni attività sportiva ad alto impatto, spesso i problemi sorgono, più che per l'€™elevata intensità dei carichi, per la tecnica di esecuzione inadeguata e le posture sbagliate assunte durante la realizzazione degli esercizi. A maggior ragione quindi, postura e tecnica esecutiva dovranno essere curate fin nei più minimi dettagli, soprattutto in questo genere di seduta allenante.
Potrebbe interessarti:http://www.my-personaltrainer.it/allenamento/tonificazione-donne.htmlinteressarti:http://www.my-personaltrainer.it/allenamento/tonificazione-donne.html? - Dedicato a tutte le donne che vogliono essere toniche

Alla luce di quanto scritto fin qui, possiamo parlare di pratica in palestra: vi è una soglia di intensità al di sopra della quale si ottengono risultati notevoli e sotto la quale il miglioramento è nullo; questo dato va personalizzato nel caso specifico con il proprio Personal trainer. In linea di massima sarebbe meglio distribuire la seduta allenante su di un circuito particolarmente incline a sollecitare alcuni punti specifici (cosce in generale, interno gamba, gluteitricipiti) con metodo di sovraccarico, senza paura degli aumenti di forza con grossi carichi. Per i sempre più frequenti problemi di ristagno dei liquidi nella parte inferiore del corpo, è consigliabile a metà della seduta eseguire per qualche minuto una postura "sdraiata, supina con le gambe alte in appoggio" e rovesciare l'ordine di esecuzione degli esercizi, iniziando con il distretti corporei inferiori, per progredire salendo verso l'alto. Proporre al termine della seduta l'esecuzione di alcuni minuti di blanda attività aerobica, utile al fine di smaltire l'eccesso di acido lattico. In realtà, in ogni attività sportiva ad alto impatto, spesso i problemi sorgono, più che per l'€™elevata intensità dei carichi, per la tecnica di esecuzione inadeguata e le posture sbagliate assunte durante la realizzazione degli esercizi. A maggior ragione quindi, postura e tecnica esecutiva dovranno essere curate fin nei più minimi dettagli, soprattutto in questo genere di seduta allenante.
WhatWomenWant? - Dedicato a tutte le donne che vogliono essere toniche

8 ottobre 2013

La temperatura dell'olio che fuma

Se scaldiamo l'acqua fino alla sua temperatura di ebollizione, si trasforma in vapore. Questo processo fisico è familiare a tutti e sfruttano in cucina in molti processi di cottura. Non tutti i liquidi però si comportano in questo modo, e gli oli sono un'eccezione importante.
Il processo culinario che mette più a dura prova la stabilità di un olio è sicuramente la frittura. Quando riscaldiamo un olio ad alte temperature l'esposizione all'ossigeno dell'aria e la presenza del cibo possono innescare un processo di degradazione ossidandolo e formando sostanze nocive. Più la temperatura è alta,più l'ossidazione è veloce. Anche un uso prolungato può degradare notevolmente un olio, e questo è il motivo per cui in una friggitrice l'olio andrebbe cambiato periodicamente, e non rabboccato.
Oli con una composizione chimica diversa si ossidano in maniera diversa. Quelli ricchi di grassi polinsaturi, come l'olio di mais o quello di soia, si degradano più rapidamente rispetto a quelli ricchi di grassi monoinsaturi come gli oli di oliva, nocciole o arachidi, in prevalenza composti da acido oleico. In più l'olio extravergine, non essendo stato raffinato, contiene molecole che agiscono da antiossidanti ritardandone la degradazione. Ancora più stabili sono gli oli contenenti molti grassi saturi, come l'olio di palma e lo strutto. Il loro uso tuttavia andrebbe limitato perché un loro eccessivo consumo può avere conseguenze negative sulla salute. Scaldando un olio a una certa temperatura comincerà a produrre fumo in modo continuo, molto prima che inizi a bollire. A questa temperatura, chiamata "punto di fumo", la glicerina si stacca dagli acidi grassi e si producono fumi tossici contenenti sostanze nocive come l'acroleina.
La temperatura tipica di una frittura è di circa 180 gradi. A temperature più basse il cibo si impregna di olio, mentre a temperature più alte rischia di bruciare velocemente. E' importante quindi che l'olio scelto abbia un punto di fumo ben superiore alla temperatura di frittura. Spesso si sente dire che l'olio extravergine di oliva ha un punto di fumo elevato,ma questo non è vero.
Una buona alternativa all'olio extravergine di oliva può essere l'olio di arachidi, il cui punto di fumo supera i 210 gradi.

Dario Bressanini
Le scienze 
Ottobre 2013


4 ottobre 2013

Mal di schiena che non passa: può essere di origine infiammatoria



MILANO - Se il mal di schiena si trascina per mesi è meglio accertarsi che non sia un segnale di malattie reumatiche di tipo infiammatorio, come le cosiddette spondiloartriti. Si tratta di patologie difficili da inquadrare (e per questo spesso diagnosticate con ritardo anche di anni) con un forte impatto sulla vita di relazione. «Di recente - spiega Roberta Ramonda, professoressa di Reumatologia, l'Azienda ospedaliera e Università di Padova -, è stata messa a punto una nuova classificazione in base ai sintomi prevalenti, ovvero interessamento principale della colonna e/o delle articolazioni periferiche. Nella prima categoria rientrano spondilite anchilosante e spondiloartrite assiale (dette anche radiografica e non radiografica), che hanno spesso come sintomo caratteristico un mal di schiena di tipo infiammatorio. La differenza tra queste due forme sta nella presenza o assenza di danno articolare evidenziabile con la radiografia. In alcuni casi, la forma assiale, non radiografica, può nel tempo evolvere in spondilite anchilosante con un danno che diventa evidente alla valutazione radiografica nell'arco di alcuni anni».


Com’è il mal di schiena di tipo infiammatorio?
«Tipica è la comparsa di dolore localizzato alla regione pre-sacrale e alle natiche. A volte il dolore si irradia alla coscia o fino alla metà superiore del polpaccio, oppure ha un andamento alternante alle natiche. Nelle fasi iniziali dolore ed eventuale rigidità si manifestano soprattutto durante il riposo notturno, sono più intensi al mattino e si accentuano con l'inattività. Oppure il dolore può essere a carico delle varie sedi d'inserzione dei tendini».

Come si fa la diagnosi?
«Il dolore lombo-sacrale, essendo molto diffuso, viene spesso sottovalutato. In presenza di un dolore lombare da più di 3 mesi, che peggiora con il riposo, in persone sotto i 45 anni è consigliabile eseguire una risonanza magnetica. In chi, invece, il dolore dura ormai da alcuni anni è probabile che vi siano già danni irreversibili a carico delle strutture ossee e legamentose, espressione di un quadro conclamato di malattia come la spondilite anchilosante. In questi casi la radiografia consente di evidenziare il grave impegno della colonna vertebrale».

Che cosa si può fare?
«Fondamentali sono diagnosi precoce e trattamento tempestivo, per ridurre il rischio di danni irreversibili. La terapia si basa su antinfiammatori e/o farmaci "di fondo" in particolare sulfasalazina, o su farmaci biotecnologici (anti-tumor necrosis factor alfa). Questo approccio riduce e limita l'evoluzione verso un danno funzionale e/o anatomico conclamato tipico di queste forme. Altrettanto importante il ruolo della fisiochinesiterapia: massaggi, balneoterapia termale e ginnastica danno benessere, migliorano l'elasticità vertebrale e potenziano la tonicità muscolare».



Antonella Sparvoli
19 settembre 2013
www.corriere.it


1 ottobre 2013

Gonfiore addominale: cause e rimedi

In molte situazioni si presenta un gonfiore addominale che non sempre è accompagnato da un vero e importante sovrappeso globale. I fattori responsabili di questa situazione sono molteplici, alcuni strettamente ormonali, altri di origine psicosomatica e gastrica che vanno dalle coliti alle gastriti. Il gonfiore può, inoltre, essere dovuto a intolleranze alimentari. Fra gli alimenti più frequentemente colpevoli di questa sindrome ci sono tutti i lieviti (pane/pizza,ecc.), bevande gasate, latte e derivati, legumi.
Molte forme di gonfiore originano a livello del colon, dove alterazioni della flora batterica e anomalo funzionamento delle capacità legate all'utilizzo di azoto e zolfo (condizioni anaerobi che) creano situazioni di squilibrio. Il rapporto fra poliammine anaboliche, quelle cataboliche e gli acidi grassi volatili può determinare una complessa serie di situazioni che si ripercuotono su molteplici funzioni organiche (ad es. I livelli di serotonina, somatostatina, glucagone), ma nel dettaglio anche nella situazione addominale.
La predominanza di acido acetico (solitamente legato a uno squilibrio degli zuccheri) può determinare un gonfiore che può essere combattuto utilizzando sempre la verdura prima del pasto; in questo caso il gonfiore si presenta più marcato durante il giorno mentre al mattino l'addome è piatto. Se prevale l'acido propionico ( caratteristico di squilibri a carico della digestione proteica) è facile che il gonfiore sia permanente e che per alcuni giorni sia suggeribile evitare completamente l'uso di frutta e verdura (magari usando dei centrifugati e escludendo le fibre). Questi accorgimenti, insieme all'uso di probiotici e giusti fermenti, alla certezza che non ci sia presenza di elicobacter pilori, e alla regolarizzazione dello stile di vita cercando di diminuire gli stimoli stressanti dà solitamente importanti risultati su queste forme di inestetismo addominale.
Un forte effetto antifermentante (e quindi il contrasto al gonfiore) viene dato dall'uso del finocchio e del carbone vegetale.
Ci possono essere poi situazioni più o meno patologiche legate a sintomatologie di colite, colon irritabile, ecc.
Ricordiamo anche che l'eccesso di produzione insulinica porta rapidamente ad accumulo di grasso prevalentemente in zona addominale e contribuisce al gonfiore generale. Discorso analogo anche per il cortisolo e prolattina, che in modo diverso e in differenti zone corporee ( tipo schiena o pettorale) danno sintomatologie di gonfiore e accumulo di liquidi e grasso.

Da "alimentazione fitness.e salute" di Marco Neri,Alberto Mario Bargossi, Antonio Paoli, ed Elika.